Presidio Solidale
Appello:
SORVEGLIANZA SPECIALE: LA SPADA DI DAMOCLE PENZOLA UN ALTRO PO'
Dal gennaio 2019 la procura di Torino sta cercando di applicare una misura
restrittiva a chi è partito dall'Italia per andare a combattere l'Isis e
altri gruppi fondamentalisti, e a difendere le popolazioni civili e le
conquiste sociali nella regione rivoluzionaria del Rojava/Siria del nord.
Questa vicenda non si è ancora conclusa, e per questo vi invitiamo a
leggere quanto segue e ad agire in nostra solidarietà.
Poiché sarebbe stato impossibile accusarci di un reato, visto che ciò che
abbiamo fatto non è proibito dalla legge italiana o dal diritto
internazionale, il pubblico ministero Emanuela Pedrotta ha proposto per noi
una misura speciale, originatasi nel ventennio fascista: la “sorveglianza
speciale” che permette di espellere un individuo dalla propria città,
confinarlo in un altra, imporgli di restare a casa in certi orari e
addirittura privarlo del diritto di riunione e di espressione pubblica
senza accuse e senza processo, sulla base della semplice “premonizione”
poliziesca che potrebbe in futuro essere “socialmente pericoloso”.
La battaglia politica che in tanti hanno portato avanti per la nostra
libertà e contro questa offesa alla reputazione internazionale delle forze
mediorientali e internazionali che combattono il fondamentalismo e ai
caduti di questa lotta - primo tra tutti Lorenzo Orsetti, che ci ha
dedicato i suoi ultimi interventi pubblici prima di cadere in battaglia
durante gli assalti decisivi contro lo Stato islamico, ha permesso di
ottenere a giugno una sentenza favorevole ai combattenti internazionali
Ypg: aver combattuto con queste forze, infatti, non può essere considerato
per i giudici motivo di pericolosità sociale.
Ciononostante, il collegio ha voluto sollevare soltanto due di noi dalla
spada di Damocle di questa misura (Jak e Davide, ed anche per un
combattente sardo sotto accusa separatemente a Cagliari, Luisi) ma
rimandare a una nuova udienza, il 15 ottobre, gli altri tre (Eddi, Jacopo e
Paolo) per cui la sorveglianza speciale è ancora del tutto possibile.
Perché?
I giudici hanno scritto, in sostanza, che se aver partecipato alla
rivoluzione del Rojava non poteva giustificare una simile misura (che per
noi è comunque ingiustificabile e non dovrebbe neanche esistere), alcuni
comportamenti tenuti in Italia da Eddi, Paolo e Jacopo negli ultimi due
anni devono essere analizzati e valutati ancora.
Di cosa si tratta, intanto: di un capodanno davanti al carcere, per ciò che
riguarda Paolo, nel 2018, e di un raduno musicale di fronte a un locale
notturno per Jacopo e Eddi nello stesso periodo. Nel primo caso si voleva
testimoniare la propria vicinanza ai detenuti, che vivono nelle carceri
situazioni penose, sovraffollamento, prevaricazioni e suicidi; nel secondo
chiedere ai proprietari del locale di pagare finalmente il giovane cuoco
che, come molti lavoratori al giorno d’oggi, aspettava migliaia di euro di
arretrati da mesi, mentre i datori di lavoro si facevano i selfie in
costose località balneari all’estero.
Non ci sembra che nessuno possa eccepire su attività del genere. E’
gravissimo che la procura abbia avviato un’azione penale per cose di questo
genere, che sono pienamente legittime e rientrano nel diritto di
manifestazione e di parola, oltre che nel dovere di solidarietà e di lotta
per migliorare le condizioni di vita nella nostra società e nel nostro
paese. Figuriamoci assegnare una misura (storicamente fascista,
ricordiamolo ancora) “preventiva”: ma di cosa stiamo parlando?
Se i giudici avessero dato ragione alla tesi della procura, secondo cui le
Ypg sono un’organizzazione pericolosa o terroristica, e i volontari
internazionali persone che vogliono nuocere alla società
europea, si sarebbe creato un precedente gravissimo. La vostra solidarietà
e gli sforzi di Lorenzo hanno impedito che questo accadesse.
Ma se adesso, con una manovra bieca, il collegio dovesse privare Eddi,
Jacopo e Paolo della loro libertà personale e di movimento, e della loro
libertà politica, per essersi espressi assieme a tanti altri contro lo
sfruttamento sul lavoro o la degradazione dell’essere umano che avviene
quotidianamente nelle carceri, il precedente sarebbe forse meno grave
rispetto a ciò che accade in Siria, ma ancora più grave in riferimento alla
situazione politica dell’Italia e dell’Europa. Quali spazi di libertà
rimarrebbero a ciascuno di noi? Quali possibilità di vivificare le nostre
società con la critica e il cambiamento?
Per questo non soltanto vogliamo affermare che chi tocca uno di noi tocca
tutti, e questo vale tanto per l’amicizia con la rivoluzione confederale e
la lotta all’Isis, quanto per le battaglie sociali e politiche in Italia;
ma anche chiamarvi ancora una volta alla mobilitazione verso il 15 ottobre,
e al presidio che quel giorno si terrà davanti al Tribunale di Torino, alle
h 8.30 del mattino.
Eddi Davide Jacopo Jak Luisi Paolo
5 anni fa
Tribunale di Torino
Corso Vittorio Emanuele II, 130, 10128 Torino