!!POSTICIPATA CAUSA TEMPESTA!!
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La guerra è tornata in Europa. L’invasione Russa nei confronti dell’Ucraina ha reso
ancora più visibile un conflitto lungo quasi un decennio. Una aggressione criminale, in
un panorama di violenza strutturale e di militarismo. Una storia in cui tutti gli attori,
dalla Russia alla NATO passando per l’Unione Europea e lo stato Ucraino, sono stati
fautori sia di forti spinte nazionaliste che di uno spietato imperialismo, ai danni delle
popolazioni civili. Oggi, le persone ucraine assassinate sotto le bombe di Putin o
costrette a scappare, e le persone russe incarcerate dal loro governo e in povertà
estrema.
Ai nostri occhi oggi arrivano le immagini di carrarmati, palazzi sventrati, persone in fuga,
appelli alla nazione e all’eroismo fino alla morte, divise militari. Immagini che abbiamo
evitato negli ultimi anni perché distanti da noi, e che oggi ci ricordano il fuoco su
Baghdad nel 2003 o i palazzi bruciati a Sarajevo negli anni ’90.
Ma la guerra non è frutto di irrazionalità. La guerra avviene nel silenzio o nel clamore,
per gli interessi dei grandi capitali. Dalla Somalia allo Yemen, in Siria e Palestina, fino alle
bombe russe sugli ospedali di Mariupol, gli stati-nazione giocano ad un risiko per avere
più potere geopolitico, o in nome di una presunta appartenenza territoriale, o per
accedere a risorse energetiche sempre più importanti.
In questo teatrino di sangue le potenze occidentali con lo stato italiano compreso prima
hanno guardato con ipocrita distacco a cosa avvenisse, alimentando istanze
nazionalistiche e fornendo armi a quelle zone già sull’orlo del collasso. Poi, quando
scoppia il conflitto, si alzano forti voci in nome della pace e di un umanitarismo di
facciata, cercando di pulirsi la coscienza dalle strategie di tensione che l’occidente e la
NATO hanno applicato in Ucraina negli ultimi anni.
E in tutto ciò, chi ci guadagna? Ovviamente le grandi industrie degli armamenti, gli unici
grandi vincitori di ogni guerra. Perché non esiste guerra senza armi. E infatti le italiane
aziende Leonardo e Finacantieri volano in borsa, e i mezzi Lince targati Iveco si vedono
oggi tra le truppe russe che invadono l’Ucraina. Prima prepariamo la guerra vendendo
armi ad una fazione, poi la si vuole risolvere fornendo ulteriori armamenti all’altra parte.
Ovviamente, non esiste guerra senza propaganda. In televisione scenette disgustose di
presidenti delle opposte fazioni, di forti uomini che difendono la patria, mentre l’unico
ruolo narrato per le donne ucraine è quello di diventare badanti nei paesi ricchi. E poi la
caccia alle streghe per qualsiasi forma culturale russa, in uno spazio mediatico dominato
dai racconti filo-occidentali. La guerra è totale anche qui da noi nella comunicazione, e
le voci di chi prova a resistere con forme di solidarietà sotto le bombe in Ucraina o per
le strade della Russia sono assenti, mentre dovrebbero essere le voci a cui dare più
ascolto.
Le porte degli stati europei si spalancano per le persone ucraine, ed è un bene. Ma per
chi scappa dalle bombe occidentali in Libia, Siria, Afghanistan o Yemen, le porte restano
chiuse. Migliaia di persone in movimento ogni giorno solcano i nostri confini militarizzati
morendo, finendo in lager di stato chiamati CPR o annegando nel Mediterraneo. La
narrazione sull’accoglienza e sui confini è ipocrita, e cambia in relazione al colore della
pelle o di un pezzo di carta chiamato passaporto.
La guerra è tra noi anche nei suoi effetti più pratici: i prezzi dell’energia aumentano,
spostarsi in automobile è un privilegio, fare la spesa un salasso. In questa storia, noi
abbiamo tutto da perdere mentre i colossi dell’energia come ENI beneficiano del rialzo
del prezzo di petrolio e gas per aumentare i loro profitti.
E allora cosa facciamo? Ci chiedono di schierarci senza ambiguità. Lo facciamo:
parteggiamo per chi lotta contro ogni imperialismo, per chi si difende contro militarismo
e attacchi militari, per chi scappa da questo mondo di morte, per chi soffre e lotta sotto
le bombe del potere di turno, per chi resiste organizzandosi dal basso, oggi in Ucraina,
come per le strade russe e in qualsiasi altro luogo del mondo, per chi coraggiosamente
scende in strada contro questa guerra.
Vogliamo rimettere al centro una pratica antimilitarista, che è fondamentale oggi
quanto lo sarà domani, dato che i venti di guerra spirano sempre più forti. Una guerra
nazionalistica contro la popolazione civile Ucraina e Russa, una guerra contro le genti
più povere e sfruttate del mondo, una guerra contro di noi.