PRESIDIO "LA RESISTENZA NON SI PROCESSA"
PRESIDIO "LA RESISTENZA NON SI PROCESSA"
LIBERTÀ PER ANAN, ALI, MANSOUR, MOHAMED SHAHIN, AHMAD SALEM E TAREK
PREFETTURA DI TORINO
MERCOLEDI 17 DICEMBRE
18H30 PRESIDIO
In vista dell’udienza finale del processo nei confronti di Anan, Ali e Masour, che si terrà il 19 dicembre al tribunale dell’Aquila, rispondendo alla chiamata alla mobilitazione da parte del comitato @free_anan il movimento per la Palestina libera scende nuovamente in piazza anche a Torino per chiedere la liberazione immediata di Anan, Ali e Mansour e di tutti i prigionieri dello stato italiano per il loro sostegno alla causa palestinese: Mohamed Shahin, Ahmad Salem e Tarek Dridi.
Da due anni Anan Yaeesh si trova nelle carceri italiane su richiesta del governo di Israele: lui, Ali Irar e Mansour Doghmosh stanno subendo un processo che dimostra ancora una volta la collaborazione dello stato italiano col sionismo in complicità nel genocidio tutt'oggi in corso e nella criminalizzazione della legittima resistenza palestinese ancora più a seguito dell'applicazione del piano-Trump di falsa "pace" e della visita dal capo del consiglio dei ministri Meloni del collaborazionista Abu Mazen (capo della nazionalista Anp) nel ritrovo ad Atreju del partito di governo Fratelli d'Italia.
Nella scorsa udienza presso il tribunale dell'Aquila, l’accusa ha chiesto 12 anni di carcere per Anan, 9 per Ali e 7 per Mansour.
Tarek Dridi si trova nel carcere romano di Regina Coeli per aver partecipato alla manifestazione del 5 ottobre dell’anno scorso ed è stato condannato a 4 anni e 8 mesi con rito abbreviato il 14 aprile.
Ahmad Salem, attualmente nel carcere di Rossano Calabro (CS), è accusato di “terrorismo della parola” solamente per aver pubblicato un video in cui esortava i palestinesi e gli arabi in Cisgiordania e in Libano ad agire per Gaza.
Mohamed Shahin è stato prima arrestato in Piemonte e poi rinchiuso in Sicilia fino a pochi giorni fa nel Cpr di Caltanissetta: oltre alla revoca del permesso di soggiorno, il ministero dell’interno ha imposto su di lui un decreto di espulsione che comporta il rischio di essere deportato in Egitto, dove l’imam di Torino è noto come dissidente del regime collaborazionista di Al-Sisi.