Il film documentario "La versione di Jean" sarà proiettato nello spazio di Manituana giovedì 17 novembre alle ore 21.
Siete tuttx invitatx alla proiezione.
E' importante per noi continuare a mostrare e far conoscere la storia di migliaia di persone povere, rom e non rom, che per 15 anni hanno abitato la baraccopoli di Lungo Stura Lazio, il Platz, a Torino. Una delle baraccopoli più grandi d’Europa.
I suoi abitanti erano persone povere, rom e non rom, etichettate unicamente lungo la linea del “colore” come rom, in primo luogo dalle istituzioni.
Al termine della proiezione parleremo di questo e molto altro con chi ha realizzato il film e conteremo sulla presenza di Enrico Gargiulo Prof. Sociologia generale Università di Bologna e di Francesco Migliaccio scrittore e redattore della rivista Napoli Monitor.
NOTE DI REGIA
"La versione di Jean" ci permette di sentire le voci e ci mostra gli sguardi di chi, da decenni, non è mai stato preso in considerazione, ma solamente minacciato, gestito e controllato come un oggetto. Persone assimilate costantemente ad un “problema”, che creano soltanto grane per i politici di turno e per l’opinione pubblica, da segregare in campi “legali” creati dalle stesse istituzioni o in insediamenti illegali, che devono restare ai margini, invisibili.
Jean è la guida di questo film, in tutti sensi. È l’autore di molte impavide riprese fatte nei giorni dello sgombero della baraccopoli di Lungo Stura Lazio, immagini molto diverse da quelle che è stato possibile vedere fino ad ora.
È importante dare voce alla versione di Jean così lucida e disincantata proprio perché così diversa da quelle ufficiali. E questa storia, che abbiamo vissuto così da vicino, è una storia che continua a ripetersi.
Il nostro film è fatto dalle storie e dagli sguardi di chi non ha mai avuto nessun luogo dove mostrarsi ed essere visto.
Uno spazio stracolmo di macerie ma da cui è stata cancellata la presenza di migliaia di persone che nei loro percorsi di fatica quotidiana continuano a trovare modi e forme per vivere e sopravvivere.
Di fatto, a Torino, sotto il nome di progetto “sociale” è stato possibile compiere un’operazione molto prossima ad una forma di pulizia “etnica”
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