La Carovana Solidale vi invita a Manituana (Largo Vitale 113/A) per la restituzione collettiva dell'esperienza nei campi di Lavrio, laboratorio politico del Confederalismo Democratico alle porte dell'Europa
Costruiti nel 1947 per ospitare ex minatori locali, i campi di Lavrio, cittadina a 65 km a sud-est di Atene, divennero poi luoghi dedicati a dissidenti turchi e, dagli anni 80, a indipendentisti curdi. Attualmente la Grecia ospita migliaia di famiglie provenienti dalle coste turche, la maggior parte delle quali accampate nelle isole dove sorgono alcuni campi profughi di Stato come quello di Moria a Lesbo, diventato tristemente famoso per il sovraffollamento (costruito per ospitare 3mila persone, ne ospita più di 9mila) e per le terribili condizioni di vita in cui versano le persone lì detenute a tempo indeterminato. La situazione si è aggravata nel 2015 con la prosecuzione del conflitto in Siria del Nord e la continua repressione di Erdogan nei confronti della comunità curda e dei dissidenti politici, tanto che il governo greco si vide costretto ad aprire a Lavrio un secondo centro poco distante dal primo.
Dal 2017 la Grecia, che sotto il governo Tsipras aveva permesso un'assistenza minima al campo da parte di enti riconosciuti come la Croce Rossa e UNCHR, a causa delle continue pressioni di Ankara, che considera Lavrio un “centro di addestramento militare di membri del PKK (Partito dei Lavoratori Curdi fondato da Abdullah Ocalan)”, ha interrotto ogni forma di supporto, lasciando che i campi sopravvivessero solo grazie alla solidarietà locale e internazionale. Da quel momento l'Associazione Culturale Grecia-Kurdistan intercetta e coordina i gruppi e le iniziative di solidarietà quali il Convoi Solidaire partito dalla Bretagna carico di medicinali e apparecchiature sanitarie. Abbiamo ospitato a Manituana - Laboratorio Culturale Autogestito la proiezione di due documentari realizzati dal Convoi, a cui erano presenti Jacques Leleu, realizzatore dei documentari e militante del Convoi Solidaire, Emmy Koutsopoulou, psichiatra e attivista nel Centro di Salute Solidale del quartiere di Nea Filadelfia (Atene), e Antonio Stopani, docente di geografia umana all’università di Torino, che conclusosi l’evento, ci hanno proposto di creare un nodo italiano per il convoglio di marzo.
I campi di Lavrio non sono campi qualsiasi. Non sono campi statali, né gestiti da organizzazioni umanitarie come l’UNHCR. Sono campi autogestiti dai e dalle abitanti secondo i principi del Confederalismo Democratico, modello politico- organizzativo che ha permesso la convivenza in Siria del Nord di popoli che da decine di anni sono stati oppressi dai loro governi, e che nemmeno tra loro erano riusciti a trovare una pacificazione. L3 su3 abitanti, molte dell3 quali hanno trascorso lungo tempo in detenzione nelle carceri turche, organizzano la vita della comunità intorno alla cura degli edifici del campo, alla tessitura di braccialetti di stoffa il cui ricavato è destinato alle donne che li hanno realizzati, alla costruzione di nuovi parchi giochi per l3 bambin3; un quadro in cui il lavoro comunitario vivifica lo spirito e l'attività riproduttiva, ovvero il lavoro di cura e militante, fonda la società.
Lavrio è un'esperienza rivoluzionaria che spezza le logiche delle frontiere e dei campi di confinamento, stravolgendo il concetto stesso di accoglienza nell'intessere legami mutualistici e solidali con le persone che abitano il campo. Attraverso il materiale fotografico che abbiamo raccolto, raccontiamo come è possibile e necessario sperimentare e organizzarci per creare forme di vita e di lotta nuove e libere, a partire dalla messa in discussione della propria personalità, immergendosi in una temporalità altra da quella capitalista e apprendendo dall'esempio il paradigma anti patriarcale, ecologista e socialista ideato da Ocalan.