SABATO 27 APRILE – MOBILITAZIONE REGIONALE
PRESIDIO AL CARCERE DELLE VALLETTE (TORINO)
h 16 ritrovo al capolinea del tram 3
h 18.30 musica materiale informativo e aperitivo in Piazza Montale
Il carcere, fin dalle origini un luogo di morte, tortura e umiliazione, è anche spazio di
fratture, azioni di coraggio, rivolta e resistenza.
Nei giorni del 25 Aprile vogliamo tornare fuori le mura delle prigioni, innanzitutto per
portare la nostra solidarietà a chi è recluso e per continuare a parlare di tutte le
sfaccettature di questo dispositivo totale e di come si traduce nella società.
La galera ha diverse funzioni: recludere chi non può o non vuole sottostare ai dogmi
imposti dal potere e disciplinare il mondo attorno a sé incutendo terrore tramite le
atrocità che accadono al suo interno.
Dove il carcere non riesce a controllare, separa e divide tramite differenziazioni e
premialità, che come in ogni sistema totalitario premiano e promuovono
l’autodisciplinamento, condannando e reprimendo progressivamente qualsiasi germe di
resistenza e ribellione.
Oggi più che mai - in un periodo post pandemico e di guerra - sembra evidente che si
venda un’idea di libertà parziale, indotta al consumo e alla produzione, dove anche la
dissidenza deve rientrare dentro le regole imposte.
La celebrazione del 25 Aprile non fa eccezione.
La liberazione dal fascismo fu una liberazione parziale, come è dimostrato - anche
banalmente - dal fatto che molti fra magistrati, agenti del Potere e carcerieri di fatto
mantennero le loro poltrone. Contro questa idea di falsa libertà, non possiamo che
anelare ad una liberazione totale, che include l’abbattimento del sistema carcere, intesa
come istituzione totale che rispecchia la società che la genera, la sostiene e se ne nutre.
Il carcere si fa società, la società si fa carcere. Se da un lato quest’ultimo si allarga
progressivamente a fasce più ampie della popolazione, dall’altro la società viene
permeata sempre più dalle dinamiche tipiche della detenzione carceraria: il controllo
delle devianze sociali, caratteristica fondante dell’istituzione carceraria, diventa sempre
più capillare; le forme di detenzione alternative tendono sempre di più all’auto
carcerazione all’interno della quotidianità; le scuole esprimono sempre maggiormente il
loro carattere coercitivo.
Portare quindi la critica al carcere anche nei giorni del 25 Aprile vuole sottolineare come,
per chi non accetta il patto sociale imposto, di liberarsi è sempre l'ora e che anche nei
luoghi dove si esercita il maggior livello di repressione e controllo continuano a generarsi
momenti di resistenza.
Tra gli anni 60 e 80 sono state tante le rivolte all’interno delle Cayenne d’Italia, ma le
azioni di ribellione continuano tuttora e vengono però silenziate nel migliore dei casi,
represse nel sangue nel peggiore. Quotidianamente avvengono scioperi della fame,
dell’aria e del carrello, ma quasi nulla trapela fuori delle mura di cinta. Nel Marzo del
2020 i prigionieri e le prigioniere per non morire come topi in gabbia hanno incendiato le
carceri del Paese: la repressione è stata violentissima e sono state uccise quattordici
persone. Crediamo sia importante ricordare anche il coraggio di chi ha deciso di alzare la
testa e ribellarsi e di chi ha raccontato la verità sulla strage nel carcere di Modena.
Per rilanciare ancora una volta la presenza di chi lotta nelle strade a fianco di chi si
ribella nei luoghi di reclusione, in Piemonte sono già previste due iniziative anticarcerarie
a ridosso del 25 Aprile: un presidio al carcere di Ivrea sabato 20 Aprile pomeriggio e un
saluto solidale al carcere di Quarto d’Asti per il 25 Aprile mattina.