La tutela dei territori e di chi li abita, di qualsiasi specie, oggi deve essere questione centrale per chi si pone l’obiettivo di lottare contro il cambiamento climatico, contro la devastazione ambientale e per riconquistare la possibilità di un futuro sostenibile dentro e fuori la città.
Per chi abita la Val Susa la lotta a difesa della montagna fa parte del dna, così come la conoscenza di essa e dei bisogni del territorio montano e dei suoi abitanti. Eppure, oltre alla grande opera inutile e dannosa rappresentata dal tav e da tutte le opere correlate ad esso, come la cava di Caselette o di Salbertrand per smaltire i materiali del progetto di autoporto di San Didero, spuntano altri progetti scellerati, come lo Skidome di Cesana in alta Val Susa o i lavori per l’ipotesi di tracciato che coinvolge i Comuni di Rivoli, Rivalta e Orbassano.
Anche Torino è scenario di progetti dalla patina green, che sprecano risorse pubbliche e utili soltanto ad alimentare la retorica della città in trasformazione. Particolarmente attuale è il dibattito sull’utilizzo dei fondi del pnrr, in relazione ai quali emergono diversi progetti che non hanno nessuna relazione con i bisogni di chi abita la città e che vengono sviluppati per far guadagnare qualche azienda privata cementificando. Tra i progetti degli ultimi anni, diversi sono particolarmente problematici perché prevedono costruzioni e consumo di suolo su intere aree verdi. È il caso dei Prati Parella e, da poco, del Parco del Meisino, dove dovrebbe sorgere la Città dello Sport promossa dalla Città di Torino come progetto sostenibile per il quale andrebbero 11 milioni di euro.
In ognuno di questi luoghi preziosi c’è chi si organizza per lottare e opporsi ad una gestione miope dei territori e a un utilizzo delle risorse unicamente volta al profitto.
Uno degli aspetti comuni a questi progetti è l’incapacità – e la non volontà – di previsione nella gestione del territorio in relazione al cambiamento climatico in atto. Il tema della scarsità delle risorse idriche viene derubricato a un allarme siccità di cui curarsi una tantum senza alcun intervento determinato, anzi, lasciando spazio a progetti che come una delle principali conseguenze hanno l’erosione e il consumo del suolo, oltre allo spreco delle risorse idriche già di per sé scarse. Un tema emblematico per quanto riguarda il caso della duna di detriti di scavo potenzialmente contaminati che dovrebbe sorgere su una superficie di oltre 300.000 metri quadrati di terreni agricoli a Rivalta o il progetto di Skidome che permetterebbe di sciare al coperto 365 giorni l’anno con una serrata produzione di neve artificiale.
E’ più che mai urgente e necessario rendere tangibili le conseguenze già in atto del cambiamento climatico e individuare nella messa in opera di questi progetti una responsabilità criminale da parte di chi gestisce le risorse e i territori.
Ne parliamo con Fabio Balocco redattore del Fatto Quotidiano, Roberto Mezzalama autore del libro “Il clima che cambia l’Italia”, Maurizio Piccione movimento No Tav, Alberto Poggio tecnico No Tav, Maria Cariota del Comitato Torinese del Forum Salviamo il Paesaggio e Laura Lossi del Comitato Salviamo il Mesino.