Da tempo nella nostra città si parla dell’ex ospedale Maria Adelaide, sito in Lungo Dora Firenze 87 e chiuso cinque anni fa, malgrado fosse perfettamente funzionante, in nome della centralizzazione ospedaliera. In queste settimane l’ex ospedale è al centro delle nuove mire speculative: la Regione Piemonte, l’assessore leghista Ricca e UniTo hanno, infatti, candidato Torino per ospitare le prossime Universiadi del 2025 e destinarla poi al settore della nuova frontiera della speculazione edilizia: gli studentati di lusso.
Nel frattempo, la revisione del piano regolatore del Comune che vincolava il Maria Adelaide esclusivamente alla destinazione d’uso sanitaria pubblica , rischia di non entrare un vigore prima dello scioglimento del Consiglio comunale nel prossimo autunno. Potrebbe quindi prospettarsi la vendita a una delle tante imprese di sanità privata. In tutto questo, resta da capire se e come le amministrazioni intendono utilizzare i fondi UE del PNRR destinati alla costruzione entro il 2026 di una Casa della Comunità (ex Casa della Salute) ogni 46000 abitanti (a Torino ne toccherebbero circa 18) e quelli ancor più consistenti destinati alle RSA che speriamo non vadano soltanto a rimpolpare le tasche delle RSA private e, più in generale, delle imprese convenzionate col pubblico.
A dispetto delle millantate “lezioni” offerte dalla pandemia ancora in corso, Comune e Regione imperversano nella svendita del patrimonio pubblico al solo scopo di fare cassa, continuando a deprivare i territori dei servizi sociosanitari essenziali alla collettività.
Conosciamo bene, purtroppo, questo bieco modo di amministrare la cosa pubblica. Tuttavia, oggi si inserisce in una nuova epoca e riteniamo di non potere stare a guardare. La pandemia ha sconvolto le nostre esistenze, le nostre pratiche e la quotidianità di tuttə. Il Covid-19 non è una variabile indipendente bensì è il risultato del sistema di produzione e di consumo su cui si basa la società. Il suo impatto e la sua soluzione non possono essere analizzati unicamente dal punto di vista medico, ma occorre disvelare le innumerevoli criticità la cui responsabilità cade sul sistema economico e politico vigente. Perché lo sappiamo bene ormai: il Covid non è democratico. Per questo, alcunə studiosə scelgono di utilizzare il termine sindemia per sottolineare come i fattori sociali ed economici interagiscano con le malattie, influenzandone la manifestazione. Per poter intervenire e agire rispetto alle condizioni sociali in cui ci troviamo, e per tendere a una trasformazione delle logiche di riproduzione dominanti, non possiamo che leggerla anche noi in questo modo.
A partire da queste considerazioni, in moltə abbiamo iniziato a riflettere su questi temi e, soprattutto, ad organizzarci insieme in percorsi di lotta. Da un lato, vogliamo mostrare la nostra contrarietà rispetto alla modalità di gestione della crisi sanitaria e, dall’altro, provare a determinarne una trasformazione. Nella nostra città abbiamo vissuto grandi difficoltà legate al tracciamento dei contagi prima, all’efficacia e alla disinformazione sulla campagna vaccinale poi. Abbiamo visto decenni di disinvestimento nella sanità pubblica e nei servizi: sappiamo che una diversa attenzione per la medicina territoriale garantirebbe l’accessibilità alla salute per tuttə, sia durante il Covid sia in tempi “normali”.
L’ex ospedale Maria Adelaide è l'esempio lampante dell’incapacità, nonché della scellerata mancanza di volontà, delle amministrazioni locali di invertire la rotta e investire, finalmente, sui servizi sanitari di prossimità e sulla cultura della prevenzione.
Crediamo fortemente che, ora più che mai, sia necessaria una presa di posizione forte per ribadire che il profitto non deve più essere anteposto al diritto alla salute, e che gli stessi concetti di salute e di cura debbano essere ripensati e declinati a partire dai bisogni delle persone e dei territori. Questo ospedale lasciato all’abbandono indica le responsabilità di chi gestisce le risorse speculando sulle nostre vite. Per questo dobbiamo continuare a lottare e a pretendere dalla Regione Piemonte e dall'Assessorato alla Sanità la sua riapertura!
Costruire insieme il “Maria Adelaide che Vogliamo” significa rivendicare un reale accesso alle cure per tuttə, anche per chi non possiede i documenti e si trova sotto ricatto; significa pretendere la prossimità e la continuità delle cure – dal presidio sanitario fino al domicilio – per chi oggi può solo rivolgersi al privato; significa lottare per dei servizi consultoriali che siano spazio sicuro per tutte e tuttu e che garantiscano un reale accesso alla salute riproduttiva e all’aborto; significa considerare le determinanti sociali che influenzano il benessere psicofisico della persona: significa, in definitiva, prevenzione e solidarietà!
Il prossimo venerdì 21 maggio si terrà a Roma il Global Health Summit. Questo mese può essere perciò il momento giusto per dare un segnale di forte contrapposizione alla gestione della pandemia, per non fare passare sotto silenzio l’acuirsi di una crisi sanitaria e sociale di portata sempre più ampia. Per questo vi invitiamo a un’assemblea in cui confrontarci sul da farsi sul nostro territorio e per continuare a lottare affinché la Regione Piemonte, che ha più volte ignorato le nostre richieste di attenzione, sia costretta ad ascoltarci. La nostra volontà è di proporre, a ridosso del summit di Roma, una giornata di lotta insieme a tuttə coloro che hanno a cuore questi temi e in cui far confluire ed esprimere le nostre tante rivendicazioni. Insieme siamo più forti.
Vi aspettiamo venerdì 14 maggio alle 18:30 al Parco Buscalioni (angolo tra Corso Novara e Corso Regio Parco). In caso di pioggia ci sposteremo in un luogo coperto poco distante: Manituana, Largo Vitale 113.
Assemblea permanente Riapriamo il Maria Adelaide