Corteo contro la violenza della polizia

SE CI SONO COSÌ TANTE MELE MARCE

È GIUNTA L'ORA DI ABBATTERE L'INTERO ALBERO

In vista del corteo contro la violenza della polizia di domenica 11 luglio.

Negli ultimi mesi sono balzati agli onori della cronaca diversi episodi che hanno visto le forze dell’ordine intervenire con cariche e manganellate nelle affollate piazze della movida Milanese. Tra i tanti ha fatto scalpore l'intervento dei carabinieri in assetto antisommossa per picchiare alcuni ragazzi neri che sostavano all'esterno del Mc Donald's di piazza XXIV Maggio, ma nella stessa modalitá sono intervenute le forze dell'ordine svariate volte sulla Darsena, in piazza Leonardo Da Vinci e alle Colonne di San Lorenzo, dove la sera del 28 maggio una ragazza é rimasta ferita da un colpo di pistola esploso da un poliziotto. Le stesse scene si sono ripetute anche in tante altre cittá fra cui Bologna, Padova, Firenze, Palermo e Roma, dove un ragazzo è finito in ospedale in codice rosso dopo esser stato pestato dalla polizia. Alle botte seguono denunce, arresti e altre misure di prevenzione per chi é coinvolto o sceglie di reagire alla violenza degli uomini in divisa.

A seguire di questi gravi fatti abbiamo visto un'estemporanea indignazione da parte di alcuni, come se si trattasse di comportamenti atipici rispetto al ruolo ricoperto dalla polizia all’interno della società. Ruolo che è intrinsecamente violento, atto a mantenere con

la forza ciò che di volta in volta è considerato “ordine pubblico”. Lo sa bene chi ha la sfortuna di trovarsi nelle mani della polizia, soprattutto se all'interno di luoghi protetti dagli sguardi di tutti. Dietro alle alte mura di un carcere o un CPR, gli sbirri picchiano, torturano, violentano, sparano e uccidono quotidianamente per lavoro. Cosí come manganellano i lavoratori davanti ai cancelli delle fabbriche durante i picchetti nelle zone industriali dove non transita nessuno o nei quartieri periferici e più poveri dove non arriva lo sguardo dei benpensanti che urlano democraticamente la loro indignazione. In tutti questi luoghi la violenza poliziesca é sdoganata e ritenuta un male necessario per contenere persone giudicate "irrecuperabili" e “inutili” alla società.

Tuttavia nell'ultimo anno siamo diventati tutti soggetti potenzialmente pericolosi, anche solo per il semplice fatto di essere in strada per un aperitivo; e quando la strada diventa territorio da difendere, in questo caso dal diffondersi di un virus, diventa il luogo dove la polizia può operare indisturbata.Cosí anche chi pensava che non avrebbe mai avuto problemi con le forze dell'ordine viene investito dalla loro violenza che si dispiega in un campo d'azione giorno dopo giorno piú ampio. Il confine tra “delinquente” e “persona civile” è sottile e si sposta velocemente seguendo una linea decisa da legislatori sempre diversi.

A chi poi dice: "Fanno semplicemente il loro lavoro", vorremmo ricordare qual é questo lavoro: non quello di difendere le persone, bensí un ordine incentrato sul profitto e chi lo gestisce, il potere e i suoi rappresentanti. Difendono un sistema in cui molti annaspano e spesso affogano, mentre pochi hanno tutto e decidono sulle vite degli altri stando comodamente seduti su troni dorati.

Un sistema che vuole rendere ogni cittá una vetrina per attirare investimenti e di conseguenza cacciare chi non riesce ad essere abbastanza "luccicante". Un sistema discriminatorio e violento del quale i poliziotti sono i perfetti rappresentanti facendosi forti sui piú deboli e abbassando invece la testa nell'ubbidire silenziosamente a chi impartisce loro ordini dall'alto. Abbiamo davvero bisogno di chi fa un lavoro cosí meschino?

"Sono solo mele marce, lo Stato interverrà per far chiarezza" diranno invece altri. Di quante persone picchiate, torturate e ammazzate dalla polizia avremo bisogno per renderci conto che é un problema strutturale? Di quante piazze e strade sgomberate a manganellate? Quante scuole Diaz e Santa Maria Capua Vetere ci serviranno? Quanti carnefici in divisa dovremo vedere avanzare di carriera prima di capire che lo Stato non processa se stesso o, quando avviene, lo fa esclusivamente per provare a ripulirsi la faccia e mettere a tacere lo sdegno per difendersi e rafforzarsi?

Come é stato scritto in diverse cittá d'Italia in questi giorni: se ci sono cosí tante mele marce forse é giunta l'ora di abbattere l'intero albero!

11 luglio, H. 17.00 Piazza XXIV Maggio, Milano

CORTEO CONTRO LA VIOLENZA DELLA POLIZIA

3 years ago
Milano.
Piazza XXIV Maggio