Il 7 giugno ci sarà la quarta udienza di un processo per stupro (per maggiori dettagli https://www.facebook.com/watch/?v=1027475751225507)
La donna coinvolta in questo processo ha deciso di denunciare spinta dalla necessità di impedire all’uomo che aveva agito violenza su di lei di farlo a qualcun’altra.
Quello che ha trovato dentro il tribunale è stata violenza rinnovata e giudizio.
Le indagini non sono state condotte sullo stupratore ma interamente su di lei, non nel contesto della gravissima violenza subita, ma su tutta la sua vita: le sue abitudini, le sue amicizie, le sue relazioni passate e presenti, il suo passato e la sua famiglia. Durante l’interrogatorio è stata lei stessa a dover insistere per sostituire la parola “rapporto” con “violenza”, e le è stato chiesto se non stesse confondendo una violenza con un atto molto passionale.
Come sappiamo dalle troppe testimonianze, le indagini in questi casi vengono portate avanti così: sono le donne ad essere messa sotto giudizio, mortificate e umiliate, non gli uomini violenti. ìQuesto approccio fazioso del tribunale viene addirittura rivendicato e giustificato con l’argomentazione che bisogna assicurarsi che le donne non si siano inventate tutto, visto che “succede spesso”.
Tutto ciò serve a zittire le donne che decidono di reagire di fronte a queste gravissime violenze. Questo meccanismo alimenta la cosiddetta “cultura dello stupro”: all’interno della società patriarcale in cui viviamo le violenze sessuali e di genere non vengono considerate gravi, spesso vengono minimizzate e narrate con retoriche colpevolizzanti nei confronti delle donne e giustificanti verso l’uomo violento. Questo ne comporta l’accettazione sociale e la situazione per cui le donne non vengono credute.
Durante le scorse udienze l’8 marzo, il 7 aprile e il 13 maggio eravamo moltissime in presidio per portare solidarietà alla donna coinvolta nel processo. Per contrastare la cultura dello stupro leggendo decine di testimonianze di donne che avevano subito violenza di genere o da parte dei tribunali.
Con questi presidi abbiamo creato un meccanismo di autodifesa alla violenza rinnovata dei tribunali, e uno strumento che, grazie alle voci collettive, ha restituito la verità di quanto succede: la colpa è di chi stupra e di chi agisce violenza, non di chi la subisce, indipendentemente da dove si trovassero, come vestissero, cosa facessero.
Questa volta, il 7 giugno, il tribunale ha chiamato a parlare la donna coinvolta nel processo. Anche questa volta torniamo davanti al tribunale per supportare lei e per portare le nostre testimonianze e quelle di chi vorrà dare voce alla violenza subita dentro e fuori le aule giudiziarie: continuiamo a opporci alla violenza di genere e quella dei tribunali!
𝘾𝙞 𝙫𝙚𝙙𝙞𝙖𝙢𝙤 𝙢𝙖𝙧𝙩𝙚𝙙𝙞 7 𝙜𝙞𝙪𝙜𝙣𝙤 𝙖𝙡𝙡𝙚 𝙤𝙧𝙚 10.30 𝙙𝙖𝙫𝙖𝙣𝙩𝙞 𝙖𝙡 𝙏𝙧𝙞𝙗𝙪𝙣𝙖𝙡𝙚 𝙙𝙞 𝙏𝙤𝙧𝙞𝙣𝙤!
SORELLA IO TI CREDO - SE TOCCANO UNA REAGIAMO TUTTE