La solidarietà si materializza anche nel continuare a portare avanti la lotta, una lotta che spinge tant* verso lo stesso obiettivo, la demolizione delle frontiere e dei luoghi di detenzione; una lotta per contrastare una normalità fatta di repressione, controllo e guerra ai poveri; una lotta tesa ad attaccare chi sfrutta, opprime e ci vorrebbe isolati.
Nelle ultime settimane le persone recluse nel Centro di Permanenza per il Rimpatrio di Corso Brunelleschi hanno portato avanti diverse proteste contro l'impossibilità totale di comunicare con l'esterno aggravata dal divieto di possedere dei telefoni personali imposto dalla Prefettura di Torino. L'isolamento comunicativo è uno degli strumenti coercitivi utilizzato per relegare dentro le mura i racconti di violenza e tortura, impedendo la creazione di legami di solidarietà con l'esterno.
Ad inizio ottobre, a causa del sovraffollamento nelle unità abitative, che ha costretto molte persone a dormire nell’area mensa, ma anche per via della continua assenza di cure mediche e l’assunzione forzata di psicofarmaci imposta dall’ente gestore ORS ITALIA SRL con la complicità dell'ASL, è iniziato uno sciopero della fame durato quasi una settimana.
Mentre si perde il conto delle rivolte che hanno acceso di rabbia il centro di Corso Brunelleschi dalla sua apertura, all’esterno si è sempre provato a supportare le lotte interne creando legami di complicità con i detenut* e colpendo chi lucra sul mantenimento e la gestione di queste strutture, rimarcando il ruolo di questi luoghi nei meccanismi di sfruttamento ed esclusione.