Torino starà sempre con chi combatte l'Isis
Il 25 marzo tre giudici della Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Torino saranno chiamati a decidere se cinque torinesi che hanno combattuto contro l'Isis in Siria nelle fila delle Unità di protezione delle donne (Ypj) e delle Unità di protezione del popolo (Ypg), o che hanno contribuito come civili nella difesa di quei territori siriani dalle forze jihadiste, siano "socialmente pericolosi". L'assurdità di questa ipotesi, vergognosa e indecente, è frutto delle elucubrazioni dell'ufficio politico della questura di Torino (Digos) e della pm Emanuela Pedrotta. Nel corso della compilazione dei fascicoli in procuratore aggiunto Emilio Gatti ha inoltre qualificato le Ypg-Ypj come "forza terroristica", benché esse non compaiano nella lista delle organizzazioni terroristiche dell'Italia, dell'Unione Europa e delle Nazioni Unite. Unico paese al mondo che condivide le opinioni del procuratore Gatti è la Turchia di Erdogan, impegnata nel massacro del popolo curdo, nell'imprigionamento di migliaia di oppositori e nell'occupazione militare di parte della Siria e del Rojava (Kurdistan siriano). Contro l'iniziativa della procura di Torino si è pronunciato il 21 gennaio il Consiglio comunale di Torino, che ha espresso solidarietà ai cinque internazionalisti e ha impegnato la sindaca a dedicare uno spazio pubblico alla memoria dei martiri nella lotta contro l'Isis e delle vittime del fondamentalismo islamico. Trecentoquaranta giuristi, professori, intellettuali, artisti ed esponenti della politica hanno sottoscritto un appello in favore di Eddi, Jacopo, Jak, Davide e Paolo e delle Ypg-Ypj. Tra le istituzioni che hanno preso posizione in favore dei cinque torinesi anche i Giuristi democratici, l'Associazione degli Avvocati europei democratici, l'Unione culturale di Torino. Il 22 gennaio ha loro indirizzato una lettera aperta Piersante Peneghel, zio di Valeria Solesin, uccisa dall'Isis al Bataclan: "Oggi vi scrivo per dirvi che vi sono vicino e trovo aberrante quello che vi sta succedendo, le misure giudiziarie che sono state proposte per voi". Le Ypg-Ypj hanno fermato l'avanzata dell'Isis nel 2014 a Kobane e hanno debellato il "califfato" attraverso un'alleanza inedita per il medio oriente tra curdi, arabi e assiri, atei, musulmani, ezidi e cristiani (le Forze siriane democratiche). Migliaia di donne e uomini da tutto il mondo sono accorsi per contribuire come internazionalisti a questa guerra. In cinque anni sono state liberate decine di città siriane e migliaia di villaggi da una delle organizzazioni criminali più violente del pianeta, che ha massacrato migliaia di civili e ha colpito più volte le popolazioni civili europee. Alla guerra si è accompagnata una rivoluzione sociale e di genere fondata sulle comuni femminili e sulle comuni popolari, oltre che su centinaia di nuove cooperative ecologiche e socialiste, che è all'avanguardia per l'intero pianeta. La guerra delle Ypg-Ypj contro l'Isis si sta concludendo con gli ultimi scontri nei pressi di Baghuz ed è costata migliaia di caduti, spesso di origini sociali molto umili e giovanissimi. Per la memoria di queste persone mediorientali di diverse lingue e religioni che hanno dato la vita per liberare il mondo dall'Isis, ci opponiamo all'iniziativa della procura di Torino (e di quella di Cagliari, analoga, contro Luisi Caria, a sua volta combattente delle Ypg: udienza il 19 marzo). Le italiane e gli italiani che hanno combattuto o supportato le Ypg-Ypj vanno rispettati. In nessun modo si può limitare la loro libertà o considerarli "socialmente pericolosi". La procura di Torino, non riuscendo a identificare un reato nella condotta dei cinque torinesi, ha optato per una "misura di prevenzione" che, sulla base del suo dettato di epoca fascista, può essere applicata senza accusa, senza sentenza e senza processo. E' una vergogna che una simile possibilità esista ancora nell'ordinamento italiano, a 74 anni dalla Liberazione dal fascismo. E' tanto più inaccettabile che essa sia usata per accanirsi contro persone che non hanno fatto nulla di male, salvo mettere a rischio la propria vita per una causa giusta e condivisa da tutti. Se questa misura venisse applicata, i cinque nostri concittadini verrebbero espulsi dalla città, sarebbero confinati in un altro comune, sarebbero obbligati a rientrare ogni sera e fino al mattino nella loro residenza, non potrebbero riunirsi con più di due persone o tenere interventi e discorsi pubblici, avrebbero revocato il passaporto e annullata la patente, dovrebbero portare sempre con sé un libretto per le annotazioni degli agenti di polizia, dovrebbero presentarsi regolarmente all'autorità giudiziaria. Lunedì 25 marzo alle h 9.00 ci troveremo quindi di fronte al Palazzo di giustizia di Torino per sostenere Eddi, Jacopo, Paolo, Jak e Davide, oltre che Luisi in Sardegna, e per gridare il nostro supporto alle ragazze e ai ragazzi italiani, siriani e internazionali che affrontano in questi giorni gli ultimi miliziani dell'Isis a Baghuz. L'udienza sarà pubblica, ma chi vorrà assistere dovrà esibire un documento di identità e mettersi in fila per l'ingresso almeno dalle 8.15. Le/i cinque compagn* e i loro legali apprezzano la partecipazione all'udienza ma chiedono al pubblico di rimanere in silenzio e mantenere un contegno rispettoso dell'argomento trattato. Nel presidio esterno ci sarà un microfono per comunicare alla città a nostra posizione rispetto a questa vicenda. Chiunque ami la libertà supporta le Forze siriane democratiche e ha un debito con le martiri e i martiri caduti nella lotta contro l'Isis e per la difesa della rivoluzione confederale della Siria del nord. Difendiamo la loro memoria; difendiamo la memoria delle vittime dell'Isis in Europa, in Siria e nel mondo; difendiamo la reputazione internazionale delle Ypg-Ypj.
5 anni fa
Palazzo di Giustizia
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