NO A VIOLENZA DI GENERE E DEI TRIBUNALI: PRESIDIO PER LA SENTENZA
30 GIUGNO ORE 12 AL TRIBUNALE
Il 30 giugno si terrà la sentenza conclusiva di un processo per stupro (per maggiori dettagli: https://www.facebook.com/watch/?v=1027475751225507).
Come spesso succede in questi casi il processo è stato caratterizzato da un atteggiamento da parte del tribunale screditante e giudicante nei confronti della donna che ha subito la violenza, con meccanismi che hanno rinnovato la stessa:
Le indagini sono state condotte interamente sulla vita della donna: tramite copia dei suo cellulare, indagini sulle sue relazioni passate e presenti, sulla sua famiglia, e non sullo stupratore.
Gli interrogatori pregni di frasi giudicanti e partendo dalla tacita accusa di mentire: le è stato chiesto se non fosse sicura di confpndere un abuso con un atto passionale, le è stato chiesto perché non fosse scappata o se i lividi se li fosse procurata da sola.
È stato accettato il rito abbreviato: che ha inizialmente tolto la parola a lei, concedendola solo allo stupratore. Togliendo dal processo l’unica vera prova di quanto accaduto: la voce della donna che ha denunciato.
Durante tutte le udienze abbiamo organizzato dei presidi per denunciare pubblicamente il modus operandi patriarcale e violento del tribunale e per portare solidarietà alla donna che aveva denunciato, spinta dalla necessità di impedire all’uomo che aveva agito violenza su di lei di farlo a qualcun’altra.
Nonostante si trattasse di rito abbreviato il processo ha visto 5 udienze, in cui nell’ultima è stata chiamata a parlare la donna coinvolta nel processo. A differenza di un processo normale è stata interrogata dopo che lo stupratore aveva già parlato, senza la possibilità di portare testimoni, e con la pressione di un processo che aveva visto già diverse udienze e un dibattimento tra avvocati.
I presidi sono stati sempre partecipatissimi e hanno dato voce a decine di esperienze di donne che hanno subito violenza di genere e non sono state credute dal tribunale o dalle cerchie sociali, donne che sono state ritenute bugiarde perché dopo una violenza non hanno pianto o non si sono immediatamente fotografate i lividi, donne che hanno cercato giustizia dentro le mura del tribunale ma hanno trovato solo mortificazione e tutela nei confronti del violento. In questi presidi tantissime donne si sono fermate a ringraziarci, raccontandoci le loro esperienze simili.
Con questi presidi abbiamo voluto costruire una pratica di autodifesa dai meccanismi della società che ci fanno sentire isolate e sconfitte.
Il giorno della sentenza vogliamo ancora una volta portare solidarietà alla sorella che ha denunciato, e far sentire a chi dentro quelle quattro mura giudica e spara sentenze che il giudizio che conta è il nostro: SORELLA NOI TI CREDIAMO.
MAI PIU NESSUNA DA SOLA DI FRONTE ALLA VIOLENZA DI GENERE E DEI TRIBUNALI